Il ritratto fotografico ha sviluppato il gusto per l’introspezione e a guardare se stessi nell’ottica dell’altro. (L. Giraldino)
Qualche giorno fa è passato da Photographers’ room Alberto Giuliani, fotografo e fondatore della nuova agenzia fotografica Luz.
Abita a due minuti di Vespa dal laboratorio eppure i nostri incontri sono rari o un po’ rapidi: la sede della sua agenzia è in direzione opposta, è spesso lui a passare quando deve consegnare negativi o rititare stampe ma da diversi mesi è davvero molto impegnato. Alberto ha una consapevolezza e conoscenza della cultura fotografica che riesce a comunicare sempre con esempi e concetti chiari e illuminanti: il fatto di essere stati entrambi assistenti (io dopo di lui) di Alex Majoli all’inizio del nostro percorso professionale ha sempre permesso una confidenza e una certa familiarità, che mi permettono di rivolgermi a lui con estrema libertà.
Gli ho chiesto se Luz era riuscita a organizzare un behind the scenes di Giuliano Pisapia ovvero fotografare il candidato (Elezioni Amministrative, Milano 2011- Pisapia) nei momenti di vita privata durante le due settimane del ballottoaggio.
La proposta non è stata presa nella dovuta considerazione. Perchè no?
Diffondere fotografie di scene di vita familiare, non pubblica, non ufficiale, dei politici è uno strumento di propaganda e comunciazione conosciuto sia dai politici che dai giornalisti e photoeditor contemporanei: è un modo di fare politica.
Le immagini di Barak Obama pubblicate in tutto il mondo e ricercate e apprezzate anche in Italia, da quelle di Callie Shell /Aurora, fotografa che ha conquistato con il suo talento le testate più prestigiose, alle immagini ufficiali della casa Bianca di Pete Souza per Time, fotografie che davvero hanno fatto il giro del mondo: non hanno avuto bisogno del contesto di un premio, una mostra, una presentazione “teatrale” , semplicemente sono entrate nella memoria di chi si interessa alla politica, nel mondo.
Alberto mi ha subito fatto riflettere sul fatto che in Italia non esiste una storia e una tradizione di fotografia intima: pochi i fotografi che riprendono scene di sesso, nessuna declinazione di grigio tra reportage e puro o gretto gossip. Una questione di cultura e di ignoranza fotografica: “forse l’unico che avrebbe potuto saper cogliere questa proposta poteva essere Berlusconi”, che di fatto pubblicò e regalò a tutti gli italiani sei mila tonnellate di carta per diffondere quella storia della sua vita con immagini nel 2001.
Una comunicazione politica contemporanea non può prescindere da una accurata gestione dell’immagine, e l’immagine e la comunicazione di ogni politico si esprimono anche con i comportamenti, il linguaggio del corpo, più umano, alla portata di tutti (al di la del fatto che le immagini come le parole possono mentire).
Forse ci siamo abituati che in casa propria ognuno fa quel che vuole. E questo ci sta abituando a pensare che i fatti privati (commericali, familiari) non costituiscono la persona e che la persona (che votiamo e che siamo!!) è la sua facciata “ufficiale”, il suo comizio, il suo concerto, la menzogna e la verità che dichiara, il suo potere, la sua benevola parcella. La fotografia è metafora per eccellenza, e se la metafora avvicina la politica alla gente, la fotografia contemporanea di reportage politico è alla portata di questo compito: rendere più democratica e introspettiva la democrazia.
P.S. Non ci ho pensato quando lui era con me: “Married to the Mob” di Alberto Giuliani – l’interessantissimo lavoro di reportage fotografico sulle mafie del nostro Paese, finalista al W. Eugene Smith 2008 – in un certo senso è un behind the scene delle mafie, in grado si darci la sensazione che le mafie sono tante e in mezzo a noi. Il behind the scene della politica italiana (quella che comanda davvero) esiste!